domenica 16 dicembre 2012

Via Carso


Questo racconto è una testimonianza diretta di quanto avvenuto oltre vent'anni fa al civico 30 di via Carso. Avvenimenti che, ancora oggi, restano avvolti nel mistero. Di essi parlano solo alcune logore pagine di diario che abbiamo deciso di riportare qui senza tagli, né censure. Perché si possa ancora riflettere su quei brutali episodi che infangarono il nome di una cittadina tanto per bene.

Ecco le pagine del diario di Marta, una giovane adolescente, rinvenute nello scantinato dell'abitazione. Una testimonianza cruda ed incomprensibile di quanto venne consumato in quei tragici momenti.


17 settembre 1989

E' da meno di un mese che ci siamo trasferiti, la mia famiglia ed io, nella splendida villetta di via Carso. Una costruzione davvero intrigante e d'effetto, in una strada cittadina che pare quasi mostrare un sapore antico. Quello che mi ha subito colpita arrivando qui è stato il silenzio. Strano, ho pensato, che in mezzo alla città mio padre sia riuscito a scovare un angolo così tranquillo e leggero.
Strano soprattutto per un uomo come lui, sempre in viaggio, mai presente, anche quando potrebbe. Un padre così scontato da apparire atipico, in un certo senso. Un giorno è rientrato da un viaggio di lavoro e ci ha annunciato con piglio deciso che ci saremmo trasferiti. Non in un'altra città, avremmo semplicemente cambiato quartiere. Ed ecco mia madre, una triste ed alcolizzata casalinga frustrata che fa una delle sue più memorabili scenate.
Sì, perché trasferendoci lei avrebbe dovuto arredare nuovamente l'abitazione, cercare i giusti fornitori, i facchini ed organizzare tutte le attività sociali del caso. Povera donna! Se solo si rendesse conto della sua bieca condizione.
Ed in tutto questo mio fratello ed io, ce ne siamo stati zitti, ad osservare. Come sempre accade, il nostro parere non è che rivesta un ruolo così importante. Ma la cosa a noi non pesa affatto. L'importante è che i nostri vecchi ci lascino in pace.
Ed è stato proprio così, all'improvviso, che ci siamo trasferiti qui in via Carso. Una splendida zona residenziale, abitata – così pare – dalle famiglie di importanti uomini d'affari. Dico così pare perché, da quando ci siamo trasferiti, non ho ancora avuto occasione di incontrare anima viva. Infatti, oltre al silenzio agghiacciante ciò che più mi stupisce è la bizzarra tendenza a tenere le tapparelle delle finestre abbassate anche di giorno. Una moda che sembra contagiare tutte le famiglie residenti in zona.
Via Carso pare animarsi davvero la sera, prima del tramonto, quando si popola di ordinate auto in sosta lungo i marciapiedi. Un popolamento quasi innaturale e mesto, che viene fatto silenziosamente, con moti lenti e misurati.
Solo due giorni fa ho incontrato il primo essere vivente da quando abito qui. Ero uscita presto quella mattina, verso le sette credo, ed ho notato un giovane militare che andava a gettare la spazzatura. Teneva lo sguardo basso e pareva essere molto stanco. In quell'istante la cosa non mi ha stupita, vista l'ora. Quello che, invece, mi ha atterrita è stato incontrare il suo sguardo che sembrava apatico, completamente assente, come se il ragazzo non si fosse mai svegliato.
Ed è da quel giorno che è iniziato tutto. Infatti, da allora mi sembra che attorno a noi accadano cose strane e bizzarre e che il silenzio inizi a riempirsi di sibili raccapriccianti.
Questa notte la solita monotona assenza di suoni è stata rotta da un fastidioso e leggero rumore, come di qualcosa di metallico che striscia su una superficie ruvida. Un suono che mi ha fatto gelare il sangue nelle vene e che mi ha letteralmente impedito di alzarmi dal letto.
Questo incomprensibile rumore era intervallato da silenzi lunghi ed interrogativi ai quali non sapevo proprio dare una risposta. E dalla finestra mi pareva di vedere delle ombre muoversi beffarde tra le case.
Così sono rimasta immobile fino all'arrivo dei primi raggi di sole, che hanno riportato tutto alla normalità. Una normalità apparente, immobile, che mi inquieta e che pare avere un effetto anche sugli altri membri della mia famiglia.


23 settembre 1989

E' trascorsa quasi una settimana dall'ultima volta che ho scritto su questo diario. Da allora, sono accadute così tante cose che temo di non riuscire a condensarle in poche righe. Il tempo a mia disposizione, però, è poco e devo sbrigarmi se voglio riuscire.
I rumori e le ombre di quella prima terribile notte si stanno ripetendo sempre più invadenti e sconcertanti. La cosa terribile è che mi pare di essere atterrata su un paese alieno. L'altro giorno ho provato a chiedere a mia madre cosa stesse succedendo. Ma la sua condizione sta solo peggiorando. Da quando siamo qui in via Carso non fa altro che bere dalla mattina alla sera e nessuno riesce a fermarla. Come se non bastasse, la notte ha iniziato a delirare ed a parlare nel sonno. Versi incomprensibili ed agghiaccianti, che mi fanno sobbalzare impietrita.
Ho provato a chiedere anche a mio fratello, ma niente. Sembra finito in uno stato catatonico, da una settimana a questa parte. Non esce mai dalla sua stanza ed, anzi, quando provo ad avvicinarmi mi scansa con freddezza. Ho notato che anche il suo volto è solcato da profonde occhiaia. Sono certa che anche lui abbia paura di quello che accade in strada la notte.
Quanto a mio padre, nemmeno a dirlo, è sempre assente per lavoro. Ormai, lo vediamo comparire solo qualche volta a colazione per farci ridondanti domande sul quartiere, sulla casa e i vicini. Se solo fosse più presente, non avrebbe certo bisogno di chiederci tutte queste informazioni.
Intanto il tempo passa ed io mi sento sempre più vittima di una condizione di totale incertezza. Non capisco perché, ma qualcosa mi attrae verso la villetta di fronte alla nostra. Mai un rumore, mai un segno di vita. Eppure, questa mattina ho intravisto muoversi una tenda in quella casa.


25 settembre 1989

Sono passate due notti davvero difficili, che hanno messo alla prova la mia resistenza. Ora i rumori che avverto sembrano più chiari e distinti. Si tratta di catene, ne son certa. Catene che strisciano ridondanti sull'asfalto. Ma chi le trascina proprio non l'ho ancora capito. Come se una miriade di anelli metallici si riversassero in strada condotti da chissà quale forza.
E poi, sono iniziati i lamenti. Sì, veri e propri latrati, simili a quelli dei cani. All'inizio sembravano lontani e mesti, ora invadono l'aria con una violenza inaudita, stuprandola con i loro suoni acuti e stridenti.
E, come se non bastasse, mia madre sta davvero iniziando ad esagerare. Ieri mattina è uscita in strada, ancora in vestaglia, gridando: “Voi non mi mettete alcuna paura! Nessuno riuscirà a farci andare via di qui.”. Ma, ancora una volta, nessun segno di vita. Nessuna reazione da parte del vicinato. Come se, in realtà, non ci fosse stato nessuno ad ascoltarla.


29 settembre 1989

Sto davvero iniziando a convincermi che, attorno a noi, qualcosa di brutale e meschino si stia manifestando. L'altra mattina, uscendo per andare al liceo, ho trovato sullo zerbino della porta una grande e colorata piuma di pavone. Magnifica! – ho pensato – ed ho deciso di metterla nello zaino.
Poi arrivo a scuola e durante la lezione di storia dell'arte la prof se ne esce con un discorso complicato e poco chiaro sulla simbologia legata a questo animale. Pare che per i conoscitori della magia bianca, questo sia simbolo di malelingue e che, se posto nei luoghi di accesso ad una casa, serva per augurare sventure ai suoi abitanti.
La cosa mi ha davvero terrorizzata, così, sono corsa a casa ed ho bruciato quel resto variopinto. Mentre lo facevo ho sentito chiaramente levarsi un flebile tremolio nell'aria, un gemito sommesso proveniente da chissà dove. Ora sì, sono davvero spaventata.


3 ottobre 1989

Più il tempo passa e meno riesco a dormire. Ho provato in tutti i modi a dare una spiegazione razionale agli ultimi fatti accaduti, ma proprio mi è impossibile. Tre giorni fa mi sono alzata di buon umore. Infatti, nella notte i lamenti e le ombre mi avevano lasciata libera. Così, ho deciso di affrontare positivamente la giornata.
Inutile farsi spaventare da qualcosa che non esiste, giusto? Quindi ho deciso di andare a fare qualche ricerca in emeroteca, per capire se le mie paure fossero fondate. Non potete nemmeno immaginare quello che ho scoperto.
Pare che via Carso sia stata protagonista, sette anni fa, di un terribile episodio di cronaca nera. Una notte, la moglie del banchiere della villetta di fronte venne stuprata, martoriata e fatta a pezzi davanti agli occhi impietriti del marito da un gruppo composto da tredici persone avvolte in tuniche color porpora.
Un'esecuzione efferata e brutale, che venne consumata con una calma maniacale. Nella via nessuno riuscì ad avvertire il benché minimo rumore, nonostante la casa si trovi proprio in posizione centrale. L'uomo non riuscì a sopportare il peso di quanto aveva visto fare alla moglie e, dopo tre giorni, decise di togliersi la vita impiccandosi al davanzale del terrazzo della casa. Lo fece durante la notte, mentre tutti dormivano. Il cadavere venne rinvenuto solo l'indomani, da un netturbino che passava per il suo giro consueto.
Questa scoperta mi ha davvero atterrita. Non riesco a fare a meno di pensare a quella tenda che si sposta. Eppure, da quel lontano 1982, pare che più nessuno abbia abitato la villetta.


9 ottobre 1989

In questi giorni sono accadute moltissime cose. Mio padre non si fa più vedere da circa tre giorni. Non una telefonata, non un messaggio, nulla. Mia madre è andata fuori di testa e la nonna ha deciso di farla ricoverare in ospedale per curare il suo esaurimento nervoso. Se solo sapesse. Come ha potuto abbandonare qui me e mio fratello?
Sto scrivendo dallo scantinato di casa nostra. Abbiamo deciso di venire a stare qui sotto due giorni fa. Luca è convinto che sia il luogo più sicuro di tutta l'abitazione. Eppure, i rumori riescono a giungere fino a noi. Ora non si tratta più solo di lievi vagiti di terrore, ma sono veri e propri colpi. Come se qualcuno si divertisse a battere contro porte e finestre, che tremano sotto questi atroci fendenti. La prima notte abbiamo rimediato nascondendoci nella legnaia in fondo all'androne delle scale, ma i colpi erano così forti che pareva quasi dovessero riuscire a far crollare l'intera costruzione.
Siamo rimasti nascosti fino all'alba, poi siamo saliti in casa ed abbiamo assistito ad un vero e proprio spettacolo degli orrori. La porta era sfondata, le finestre aperte come per facilitare l'ingresso di qualcuno. Tutto era sottosopra: i mobili, le tende e perfino gli abiti dei guardaroba.
L'unica costante era quel terribile e pungente odore di zolfo che permeava dalle pareti, come se ne fossero intrise. E poi, quei segni sui muri, disegni, graffiti lasciati da chissà chi in un momento di euforico delirio.
Abbiamo raccolto qualche coperta ed un materasso ed abbiamo portato il tutto nello scantinato. Abbiamo provato a chiamare la nonna, ma dopo averci ascoltato ci ha minacciati di farci rinchiudere insieme a nostra mamma. Lei non voleva saperne. E papà era scomparso. Le nostre chance per andarcene erano finite, bruciate. E intanto, arrivava la notte …
Una notte tremenda e delirante. Le grida ed i colpi ci hanno raggiunto fin nel nostro rifugio. Noi ci siamo tenuti stretti ed abbiamo cercato di nasconderci facendoci piccolissimi. Ad un certo punto, una voce: “Ragazzi, dove siete? Venite fuori, va tutto bene. Ci sono io, qui.”. La voce era quella della mamma. Luca si è subito precipitato alla porta, si è voltato verso di me e poi è corso fuori.
Dopo, il silenzio. Subito seguito da grida di gioia ed esultanza, colpi, rumori di passi e poi più nulla, il vuoto.
Io me ne sono rimasta ferma nel mio angolino, tremante. Ho tenuto gli occhi chiusi per ore, sperando che l'alba arrivasse in fretta …
Credo di essermi addormentata. Nel torpore del risveglio avverto colpi famelici avvicinarsi sempre più a me. Devo cercare di nascondermi meglio. Devo raccogliere le ultime forze rimaste e tentare. Non posso più aspettare, devo andare.

Il terribile ritrovamento del diario della giovane Marta segue quello del suo corpo straziato appeso, come carne da macello, alla parete del salone della villetta di via Carso. Al suo fianco, sono stati rinvenuti anche i cadaveri della madre e del fratello. Entrambi i corpi erano stati privati dell'epidermide e sistemati con cura sui divani, come se stessero serenamente contemplando il bieco quadro di una fantomatica esecuzione.

La terribile rappresentazione si mostrò agli occhi attoniti della polizia, giunta sul luogo del massacro su segnalazione della scuola della giovane, dopo ben otto giorni di assenza ingiustificata.
Inutile dire che le forze dell'ordine non riuscirono mai a scoprire i colpevoli di tanta brutalità. Per mesi cercarono di contattare il padre e la nonna, ma di loro non si seppe mai nulla.
Alcuni dicono che siano stati presi anche loro dalle Furie, altri credono che siano coinvolti nel terribile delitto. Sta di fatto, che nessuno in via Carso sentì nulla. Nemmeno quella volta.


LETTURE CONSIGLIATE

La notte è sempre foriera di pensieri e visioni inaspettate. Anche il racconto breve di cui vorrei consigliarvi la lettura si disegna nell'oscurità. Un breve, ma coinvolgente racconto horror di Daniele Imperi. Agghiacciante nella sua sollecitudine.


E VOI, COSA NE PENSATE?

Credete che la scelta di un finale così irrisolto possa danneggiare la storia? E cosa ne pensate della formula del diario per un racconto del genere? Credete che mini l'efficacia della narrazione?

6 commenti:

  1. A me è piaciuto. Non credo che un finale vago possa danneggiare la storia, se per chi scrive quello doveva essere il finale giusto. In fondo, anche nella realtà i finali della cronaca nera sono spesso vaghi.
    Grazie della citazione :)

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    1. Figurati Daniele.
      Mi fa piacere che tu abbia apprezzato il racconto. In effetti, la questione del finale è sempre piuttosto delicata.

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  2. I rumori e le ombre di quella prima TERRIBILE notte si stanno ripetendo sempre più invadenti e sconcertanti. La cosa TERRIBILE è che mi pare di essere atterrata su un paese alieno. [...]Pare che via Carso sia stata protagonista, sette anni fa, di un TERRIBILE episodio di cronaca nera. [...]
    L'unica costante era quel TERRIBILE e pungente odore di zolfo [...]Il TERRIBILE ritrovamento del diario della giovane Marta [...] altri credono che siano coinvolti nel TERRIBILE delitto[...]


    Terribile.

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    1. In effetti l'idea che qualcosa di TERRIBILE si verifichi passa, sei d'accordo?! :D

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    2. direi proprio di si.
      PS: i contatori dei termini ripetuti salvano la vita

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    3. Grazie per il consiglio, lo terrò a mente!
      Anche se in questo a caso a scrivere era una ragazzina di sedici anni sul suo diario. E sai, l'idea che potesse essere una profonda conoscitrice della lingua italiana, non l'avevo considerata.
      Sto scherzando! :D
      Figurati, ogni commento è sempre il benvenuto, davvero.

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