Eccomi alle prese
con un nuovo appuntamento del programma Scrivere nel 2013
promosso da Daniele Imperi, autore del blog Penna Blu. Dopo
aver delineato le mie tre parole per la scrittura, il mio
status di scrittrice ed i quattro elementi che
caratterizzano il mio modo di scrivere, oggi sono chiamata ad un
compito piuttosto arduo. Porre le basi per iniziare un percorso verso
il mio successo.
L'obiettivo, in sostanza, è quello di
liberarsi dalle catene che spesso ci avvolgiamo attorno, per fare sì
che la nostra scrittura si manifesti nella sua essenza più pura. Il
punto non è più solo scrivere, ma farlo dando ascolto al nostro io
più profondo. Scrivere ciò che siamo, come direbbe Daniele. Un
cammino che per poter trovare compimento deve necessariamente passare
attraverso la pubblicazione di quegli scritti più veri e intimi,
quelle storie in cui il nostro mondo si mostra con maggiore vigore.
Una manifestazione di coraggio che,
devo dire la verità, fino a qualche tempo fa credevo impossibile.
Dunque, mettiamoci in gioco ed iniziamo a fare vedere agli altri chi
siamo davvero (poveri loro!). Scriviamo di quelle sensazioni che si
nascondono sopite in noi, di quelle storie che ci hanno sempre
accompagnati, ma che abbiamo volutamente celato per paura di
mostrarci.
Daniele scrive: inventa il tuo futuro!
Questo è proprio quello che ho intenzione di fare nel 2013. Un
proposito che non solo troverà compimento nella mia scrittura, ma
anche nella mia vita. È tempo di riappropriarmi di me stessa e di
tornare a vivere il mondo con lo sguardo disilluso di un tempo.
Me stessa in una frase
Il primo esercizio da svolgere non è
affatto semplice: individuare una frase di uno scrittore che ci
rappresenta come persone e metterla in relazione con la nostra
attività di scrittori. L'obiettivo è quello di farne il nostro
mantra, la nostra filosofia letteraria per il futuro. Ma come
trovare una frase che possa contenere tutta me stessa in questo
preciso istante della mia vita?
Un tempo ero in stretto contatto con il
mio animo. L'unica mia preoccupazione era appagare la mia necessità
di esprimermi e di comunicare me stessa, senza ansie né paure. Il
giudizio altrui non mi spaventava e ciò che nasceva dalla mia mente
erano rappresentazioni pure e vivide della mia essenza. Quanto
rimpiango quei momenti!
All'epoca scrivevo e dipingevo per
quell'unico lettore, racchiudendo tutta me stessa in
quelle creazioni. Poi è arrivato il confronto con la realtà e
l'indurimento dell'anima. Così, ho iniziato ad avere paura di
mostrarmi per quella che sono realmente, di lasciare che fossero le
mie storie a raccontarmi. Ho continuato a scrivere e a dipingere, ma
non lo facevo più per nessuno. Né per quell'unico lettore, né
tanto meno per me stessa.
Era semplicemente il mio modo per
fuggire dal mondo che brutalmente mi aveva colta alla sprovvista.
Quindi, ho cercato di indirizzare quel processo di ricerca che mi ha
sempre contraddistinta utilizzando la ragione, e il risultato è
stato deleterio. Nemmeno scrivere e dipingere erano attività che
valesse la pena portare avanti. A chi poteva interessare il mio mondo
se io stessa ero la prima ad aver perso fiducia in esso?
Ora, però, mi rendo conto che la
necessità di esprimersi e comunicare, quando è innata, va
necessariamente alimentata. Il rischio nel non farlo è che essa ti
consumi, che ti divori con la sua foga inespressa. Dunque, è tempo
ch'io riprenda ad assecondarla come facevo una volta. Niente più
timori: questo è il mondo che alberga dentro di me e ho il dovere di
dargli voce! Poco importa che ci sia un solo lettore, o nessuno ad
accoglierlo. Lo devo a me stessa, alla mia perenne necessità di
ricerca.
Dunque, ecco la mia frase. Quella che
al momento non solo mi rappresenta come individuo, ma che è in
stretta relazione con la mia scrittura.
"Belle cose l'una e l'altra, il senso e i pensieri, dietro alle quali stava nascosto il significato ultimo; a entrambe occorreva porgere ascolto, entrambe occorreva esercitare, entrambe bisognava guardarsi dal disprezzare o dal sopravvalutare, di entrambe occorreva servirsi per origliare alle voci più profonde dell'Io".
Questa frase è tratta da Siddharta
di Hermann Hesse, un libro che per me riveste un significato
profondo, quasi atavico. In essa l'autore racchiude l'essenza della
ricerca, quel dannato processo verso il quale sono spinta fin dalla
tenera età.

Niente più imposizioni, niente più
paure di essere me stessa! È giunto il momento di dare voce al mio
Io più profondo. E per farlo ho scelto questa frase che dovrà
diventare la mia filosofia di vita e di scrittura: ascoltare le voci
che si nascondono dentro di me e farle uscire fuori, senza censure o
limitazioni di sorta. Mettermi a nudo, mostrarmi senza remore.
Scrivere quello che non ho mai osato scrivere fin'ora (come chiede di
fare Daniele).
Un'operazione che mi costerà molta
fatica. Sono certa che ci saranno momenti in cui tutti i buoni
propositi illustrati fin'ora tentenneranno, ed io mi ritroverò a
vacillare. Ma, in questo momento, sono affamata di
me stessa e di ricerca, avverto prorompente la necessità di esprimermi. Ho
deciso che i tempi sono ormai maturi per rivelarmi a quell'unico
lettore, per raccontargli le storie che non ho mai avuto il coraggio
di scrivere, liberandomi da quei veli capaci di nascondere scempi e brutture.
Bell'esercizio! Sei la prima ad aver partecipato, mi sa :)
RispondiEliminaNo, sei la 2° :P
RispondiEliminaGrazie, sì sapevo di non essere la prima! ;)
EliminaComprendo bene la tua esperienza :) in bocca al lupo! (Hesse ha il suo stampo di fabbrica, sempre a metà tra la narrazione e la riflessione filosofica - autore appropriato al tema del tuo post.)
RispondiEliminaTi ringrazio. In effetti, guardarsi dentro non è mai facile. Tuttavia, penso sia importante farlo perché aiuta a raggiungere una consapevolezza che, diversamente, stenterebbe ad esistere :)
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