Eccoci
al secondo appuntamento col programma Scrivere nel 2013
proposto da Daniele Imperi sul suo PennaBlu. La scorsa
settimana, ci era stato chiesto di trovare le nostre tre parole per
l'anno nuovo, insomma i tre obiettivi di scrittura che avremmo voluto
perseguire. Un esercizio utile, facile e veloce.
Utile
perché mi ha permesso di riflettere e mettere a fuoco certi aspetti
che, altrimenti, sarebbero rimasti nebbiosi nella mia mente. Facile,
perché in fondo siamo tutti consapevoli di quello che vogliamo. È
il come ottenerlo, semmai, a crearci dubbi maggiori. Veloce,
perché personalmente ho deciso di dedicare un tempo piuttosto
limitato alla riflessione, così da incanalarla nella giusta
direzione.
Oggi,
invece, Daniele ci chiede di analizzare noi stessi. Sì, avete
capito bene riflettere sul nostro status di scrittori. Ed ecco
il dramma! Forse il termine impiegato è esagerato ed impreciso, ma
personalmente ho trovato molta difficoltà a mettere a fuoco la
risposta.

Dunque,
prima di poter procedere con le mie risposte, è necessario che
condivida con voi alcune riflessioni. Innanzitutto, ecco i concetti
(rielaborati) che più di tutti mi hanno colpita del post di Daniele:
- l'arte è innata;
- scrivere è creare una storia;
- scrittore si nasce;
- scrivere è una necessità;
- scrivere è un richiamo;
- piacere della pubblicazione;
- scrivere storie perché qualcuno possa distrarsi.
Perdonatemi
per questa scelta che inficia non poco la scorrevolezza del testo, ma
credo che sia l'unico modo per presentare in maniera organica le mie
riflessioni.
Dunque,
dicevo che questi sembrano essere i punti principali desumibili dalle
prime righe del post apparso oggi su PennaBlu. Con alcuni
concordo, con altri meno. Ma poco importa. Ciò che conta, invece, è
procedere nell'analisi e cercare di eseguire l'esercizio proposto da
Daniele: una riflessione profonda della nostra figura di scrittori.
Diamine,
ecco dove sta il problema! Per natura, tendo ad evitare etichette e
definizioni. Sono una persona che, se può, impiega più parole del
necessario per esprimere un'opinione e questo perché penso che le
limitazioni castrino ogni forma di comunicazione.
Daniele
propone un lungo elenco di caratteristiche che dovrebbero farci
intuire di essere scrittori.
Mi ci
ritrovo sostanzialmente in tutte, o quasi. Vi invito ad andarvele a
leggere, perché temo che riportandole qui vi annoierei
ulteriormente. A questo punto il mio cervello, che è uno di quelli
che spesso finisce nel limbo della sovrapproduzione, mi piazza di
fronte una domanda: chi è lo scrittore?
Ora vi
dico come la penso. A mio avviso, lo scrittore è un artista.
Un individuo che impiega le parole come mezzo di espressione. Dotato
certamente di una sensibilità innata, ha la capacità di tradurre e
comunicare il proprio mondo delle idee in rappresentazioni
comprensibili alle masse.
Un
essere che soffre per la sua dannazione: quella di essere destinato a
rimanere incompreso. Infatti qualsiasi dote artistica,
secondo me, costituisce un estremo limite per l'individuo. Chi la
possiede, infatti, è spinto per sua stessa natura ad esternarla,
finendo per andare a sottolineare quegli elementi che lo allontanano
dal mondo reale e dalla società.
Insomma,
se tutto quel che penso è vero, allora lo scrittore altro non è se
non una persona dotata di un mezzo
che lo rende maggiormente consapevole degli altri e che gli impone di
comunicare ciò che ritiene gli altri non conoscano. Come fosse una
sorta di missione.
Bene,
questa è l'idea aulica che ho della scrittura e, probabilmente,
dell'arte. Ora, arriva quella cinica e realista. Sono cresciuta con
l'idea che esprimere se stessi e le proprie opinioni fosse la massima
rappresentazione del senso della vita. Fin da bambina, pensavo che
mettere nero su bianco i mondi fantastici che creavo nella mia mente
fosse il vero motivo per cui dirmi felice. Che dare vita ad immagini
e rappresentazioni con la matita e pennelli fosse già di per se
stessa ragione di gioia.
Così,
sono cresciuta convinta che l'arte potesse rappresentare una
scelta plausibile. Uno stile di vita soddisfacente e
produttivo. Mi sbagliavo. Come spesso accade, con l'età della
ragione il cinismo e la disillusione sono arrivati prepotenti,
costringendomi a guardare il mondo per quello che è. Un posto in cui
per poter trovare la propria dimensione ci si deve in qualche modo
adeguare ad esso. E da questa amara constatazione deriva il mio modo
di percepire l'arte ed il mio rapporto con essa.
Io e l'arte
Come
avrete certamente capito, non mi sento affatto una scrittrice.
Almeno non nel senso comune del termine. E non sono nemmeno convinta
che per definirsi tale sia necessario avere qualcosa da raccontare,
saper scrivere, e leggere parecchio. Io credo che, per potersi
trasformare in scrittori servano ambizione, disillusione e fiducia.
Caratteristiche che, ahimè, non possiedo!
Dunque,
penso che l'arte rappresenti di per se stessa l'utopia
dell'insoddisfazione, proprio perché nasce come esigenza propria di
individui consapevoli del fatto di essere destinati
all'incomprensione. Insomma, se poniamo che lo scrittore – o
comunque l'artista – è colui il quale è dotato di una sensibilità
tale da permettergli di sentirsi diverso, e migliore, dagli altri,
come possiamo pensare che tragga soddisfazione solo per il fatto di
ricevere l'altrui approvazione?
Perdonatemi
per questo flusso confuso di pensieri, ma proprio mi è impossibile
giungere ad una soluzione priva di elementi contraddittori. Quindi,
credo mi limiterò a spiegarvi perché non sono una scrittrice.
Non sono una scrittrice perché...
- Non credo che il mondo che alberga nella mia mente debba interessare altri.Insomma, i luoghi, i personaggi e le storie che mi accompagnano latenti nella quotidianità hanno sì un senso, ma penso sia del tutto personale.
- Non miro alla pubblicazione.La motivazione è duplice: sicuramente una parte di me teme il giudizio ed il fallimento, mentre l'altra è del tutto disinteressata a dover cercare di rendersi intellegibile. È come se l'idea di dovermi rendere comprensibile ad altri mi infastidisse.
- Non ho ambizioni letterarie.Così come per quadri e disegni, sono convinta che il posto migliore per relegare i miei scritti sia quello accessibile solo a me. Inoltre, penso che le migliori produzioni di un artista siano proprio le opere non pubblicate, quelle che trovano spazio in cassetti di armadio o soffitte impolverate.
Perché scrivo
A
questo punto, vi starete certamente chiedendo perché scrivo.
In effetti, la domanda mi aveva già fatto riflettere parecchio
qualche giorno fa. Allora tentavo di commentare un articolo di
Riccardo Esposito in cui si chiedeva proprio di dare risposta a
questa domanda. All'epoca non ci sono riuscita, oggi invece tenterò
di essere più efficace.
In
realtà, scrivo perché fare altro – per vivere, intendo –
mi sarebbe piuttosto difficile. Scrivo, perché attraverso le parole
posso esprimere una professionalità che altrimenti faticherebbe a
palesarsi. Scrivo – come copywriter – perché ho sempre
amato la forza della comunicazione, ed i segreti che si celano dietro
le parole.
Ma
credetemi: se potessi scegliere, non lo farei. O meglio, se non
dovessi preoccuparmi di ritagliarmi un posto in questo mondo, allora
mi dedicherei unicamente alle cose che amo. Le mie giornate
trascorrerebbero all'insegna della scrittura, quella vera,
quella che mi permette di trasformare le idee ed i pensieri in
costrutti reali e tangibili.
Mi
dedicherei alla pittura e al disegno, giacché farlo mi da grandi
soddisfazioni. Insomma, appagherei la mia necessità di comunicare ed
esprimermi. Lascerei i pensieri liberi di fluire e di mostrarsi,
senza preoccuparmi di renderli comprensibili. Ma questa è tutta
un'altra storia!
Interessante anche il tuo punto di vista.
RispondiEliminaNon avevo pretesto che scrivessi un libro, anziché un post, ma va bene lo stesso :D
Comunque puoi anche intendere "scrittrice" una copywriter: non cambia molto, alla fine ;)
Se voleva quindi essere un modo per sottrarti al prossimo esercizio, hai sbagliato tattica :D
Lo so, con la lunghezza ho di certo esagerato! :D
EliminaIn realtà, tendo a separare scrittura e copywriting. La prima cosa la faccio per passione, mentre la seconda per professione. La prima la tengo ben celata, mentre l'altra la paleso, ci mancherebbe!
Non ho alcuna intenzione di sottrarmi al prossimo esercizio. Anche perché devo dare la mia risposta alla domanda: vale la pena scrivere? Ed immagino già come andrà a finire...
Ma quell'immagine è la tua bozza dell'articolo?
RispondiEliminaOh no, non è la bozza dell'articolo. E' quel che è nato dalle mie riflessioni. ;)
EliminaLe bozze, solitamente, sono meno confuse e più organizzate! Anche se non troppo diverse, a dire la verità! :D
Beh, però è interessante, devo provarci ;)
EliminaE' ancora più interessante se riesci a mettere in ordine le idee, magari con una bella mappa mentale. Io ci provo spesso, ma non sempre ce la faccio. Troppa confusione! ;)
EliminaCurioso che una persona abituata alla chiarezza "per mestiere" abbia timore di non essere intelligibile :)
RispondiEliminaEh già, un'amara scoperta vero Alessandro? ;)
EliminaIn effetti, il punto sta proprio nel fatto che la chiarezza a cui devo tendere "per mestiere" sfugge poi nel momento in cui sono davvero libera di esprimermi. Ma sai, sono fatta di talmente tante contraddizioni che, oramai, ho raggiunto la pace! :D
"Non credo che il mondo che alberga nella mia mente debba interessare altri."
RispondiEliminaDipende da come lo racconti e dagli strumenti che usi per farlo...
Onestamente credo tu abbia più di una carta in regola per poterlo fare.
Abbi una visione più "positiva" della tua tecnica e meno "romantica" :)
Insomma scrivi! Fallo e basta :D
Buona giornata :D
Ciao Giuseppe,
Eliminanon so se possiedo le carte in regola per farlo. Ma è chiaro che se nemmeno ci provo, difficilmente lo scoprirò.
E sì, credo che scriverò. Lo farò e basta, proprio come dici tu :) In fondo, perché privarsi di un tale piacere?
Buona serata!