domenica 10 febbraio 2013

Pubblicità e censura

Domenica scorsa ci siamo occupati della pubblicità ingannevole, analizzando qualche esempio e riflettendo a fondo sulla questione. Oggi, per sviscerare a fondo questo tema, faremo il punto sulla censura pubblicitaria nel nostro paese.



L'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e la censura

Nel 1966 nacque lo IAP (Istituto dell'Autodisciplina pubblicitaria) con lo scopo di garantire il servizio pubblico della pubblicità, nel rispetto dei destinatari. L'ente, con sede a Milano, si dotò immediatamente di un Codice che fissava le sue sfere di competenza, istituendo un iter ben preciso per la valutazione dei casi ad esso sottoposti.

Il codice della Comunicazione Commerciale

Attraverso il Codice, lo IAP definisce una serie di parametri – come onestà, veridicità e correttezza – ai quali dovrebbe attenersi il pubblicitario nell'ideazione delle campagne. Oltre a porre l'accento su valori come la dignità, l'etica e il pudore, il documento si sofferma con decisione sulle questioni legate alla tutela dei minori e alla mercificazione del corpo femminile.

L'obiettivo è quello di schierarsi contro ogni forma di violenza, indecenza o volgarità nel comparto pubblicitario, con lo scopo di tutelare i cittadini verso forme di comunicazione commerciale ritenute scorrette o denigratorie.

Inoltre, il Titolo IV del Codice stabilisce le norme procedurali e le sanzioni applicabili. Dalla sua lettura si evince che chiunque – anche il privato – può sottoporre una segnalazione al Comitato di Controllo, pervia presentazione di un'istanza scritta. L'iter valutativo prevede due fasi ben distinte: l'accoglimento dell'istanza da parte del Comitato che ha il compito di sottoporla al Giurì, il quale è tenuto ad analizzare la questione e a pronunciarsi in via definitiva.

Tutte le decisioni del Giurì sono vincolanti per le aziende, le agenzie e gli enti che accettano e sottoscrivono il Codice della Comunicazione Commerciale. Inoltre, lo IAP può essere chiamato, su richiesta, ad esprimere un parere preventivo circa una pubblicità. Una pratica che non denota unicamente l'attenzione verso il pubblico, ma che funge anche da tutela verso eventuali contestazioni future.


La censura pubblicitaria, dubbi e perplessità

Nonostante in Italia si verifichino spesso casi eclatanti di censura pubblicitaria, siamo ancora molto lontani dai risultati conseguiti in termini di tutela del pubblico da parte di altri paesi, come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti. Le ragioni di questa tendenza sono principalmente due:
  • le lungaggini procedurali, che impediscono di seguire iter snelli e veloci nella pronuncia circa pubblicità ingannevole e censura;

  • la scarsa informazione a riguardo, che porta i cittadini a non conoscere le campagne censurate ed i propri diritti rispetto la tutela da essi.

Da ciò deriva una scarsa sensibilizzazione dei cittadini verso la pubblicità, che viene spesso accettata senza prima farne un'analisi critica ed oggettiva. Questa tendenza, purtroppo, è rafforzata da un altro aspetto che concerne gli spot pubblicitari: l'assenza di una censura che riguardi anche il web.

Spesso, infatti, molti spot banditi dalle televisioni perché considerati lesivi dei diritti dei consumatori vengono pubblicati in rete. Questa visibilità non solo svilisce, a mio parere, il lavoro degli organi di tutela e di controllo, ma rischia di generare – come spesso accade – un meccanismo pericoloso. Quello messo in atto da pubblicitari scaltri e opportunisti che creano campagne volutamente provocatorie per fare in modo che, grazie alla censura, aumenti la curiosità attorno ad esse, trasformandosi in veri e propri casi di dibattito sulla rete.


Censura pubblicitaria, qualche esempio

Spesso può accadere che vedendo le immagini di spot e campagne censurate si abbia la percezione che esse non fossero così lesive della sensibilità del pubblico. Spesso la motivazione di ciò va ricercata nel fatto che ogni individuo ha un proprio grado di coscienza, che dipende in larga misura dal suo bagaglio culturale e sociale. Per questo, vorrei fare un piccolo esperimento insieme a voi: di seguito troverete le immagini di alcune pubblicità che sono state sottoposte a censura. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate: voi le avreste tollerate o siete d'accordo circa la decisione presa?



















Letture consigliate

Ecco un link ad una selezione di 30 pubblicità “d'impatto”. Se avete tempo dategli un'occhiata, alcune di esse sono assolutamente interessanti.  


E voi, cosa ne pensate?

Cosa ne pensate della censura pubblicitaria nel nostro paese? Ci sono casi in cui questa potrebbe essere superata, o altri in cui sarebbe necessaria? Qual è il media in cui pensate che essa sia maggiormente necessaria?

2 commenti:

  1. Le pubblicità che hai mostrato - non proprio tutte - non sono di buon gusto, al massimo, ma addirittura da censurare no.
    Io non sopportavo quelle di Benetton, viste tipo 20 anni fa: come i cavalli che fanno sesso o una divisa insanguinata, ecc. che nulla hanno a che vedere col prodotto pubblicizzato.

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    1. Vedi Daniele, il punto è proprio questo: la censura pubblicitaria nasce con l'obiettivo di tutelare i consumatori verso forme di comunicazione ritenute lesive o non veritiere. Il fatto è che ogni individuo, a mio avviso, ha un proprio grado di sensibilità e questo rende molto difficile poter uniformare i giudizi.
      Pensa che in rete si trovano spot pubblicitari di altri paesi, assolutamente civili e moderni, che in Italia verrebbero ritenuti oltraggiosi. Io credo che per poter superare il problema si dovrebbe redigere un documento contenenete le linee guida (chiare e complete) utili a giudicare una campagna. Ma, forse, ciò non basterebbe!

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