Domenica scorsa ci siamo occupati della
pubblicità ingannevole, analizzando qualche esempio e
riflettendo a fondo sulla questione. Oggi, per sviscerare a fondo
questo tema, faremo il punto sulla censura pubblicitaria nel nostro
paese.
L'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e la censura
Nel 1966 nacque lo IAP (Istituto
dell'Autodisciplina pubblicitaria) con lo scopo di garantire il
servizio pubblico della pubblicità, nel rispetto dei destinatari.
L'ente, con sede a Milano, si dotò immediatamente di un Codice che
fissava le sue sfere di competenza, istituendo un iter ben preciso
per la valutazione dei casi ad esso sottoposti.
Il codice della Comunicazione Commerciale
Attraverso il Codice, lo IAP
definisce una serie di parametri – come onestà, veridicità e
correttezza – ai quali dovrebbe attenersi il pubblicitario
nell'ideazione delle campagne. Oltre a porre l'accento su valori come
la dignità, l'etica e il pudore, il documento si sofferma con
decisione sulle questioni legate alla tutela dei minori e alla
mercificazione del corpo femminile.
L'obiettivo è quello di schierarsi
contro ogni forma di violenza, indecenza o volgarità nel comparto
pubblicitario, con lo scopo di tutelare i cittadini verso forme di
comunicazione commerciale ritenute scorrette o denigratorie.
Inoltre, il Titolo IV del Codice
stabilisce le norme procedurali e le sanzioni
applicabili. Dalla sua lettura si evince che chiunque – anche il
privato – può sottoporre una segnalazione al Comitato di
Controllo, pervia presentazione di un'istanza scritta. L'iter
valutativo prevede due fasi ben distinte: l'accoglimento dell'istanza
da parte del Comitato che ha il compito di sottoporla al
Giurì, il quale è tenuto ad analizzare la questione e a
pronunciarsi in via definitiva.
Tutte le decisioni del Giurì sono
vincolanti per le aziende, le agenzie e gli enti che accettano e
sottoscrivono il Codice della Comunicazione Commerciale. Inoltre, lo
IAP può essere chiamato, su richiesta, ad esprimere un parere
preventivo circa una pubblicità. Una pratica che non denota
unicamente l'attenzione verso il pubblico, ma che funge anche da
tutela verso eventuali contestazioni future.
La censura pubblicitaria, dubbi e perplessità
Nonostante in Italia si verifichino
spesso casi eclatanti di censura pubblicitaria, siamo ancora molto
lontani dai risultati conseguiti in termini di tutela del pubblico da
parte di altri paesi, come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti. Le
ragioni di questa tendenza sono principalmente due:
- le lungaggini procedurali, che impediscono di seguire iter snelli e veloci nella pronuncia circa pubblicità ingannevole e censura;
- la scarsa informazione a riguardo, che porta i cittadini a non conoscere le campagne censurate ed i propri diritti rispetto la tutela da essi.
Da ciò deriva una scarsa
sensibilizzazione dei cittadini verso la pubblicità, che viene
spesso accettata senza prima farne un'analisi critica ed oggettiva.
Questa tendenza, purtroppo, è rafforzata da un altro aspetto che
concerne gli spot pubblicitari: l'assenza di una censura che riguardi
anche il web.
Spesso, infatti, molti spot banditi
dalle televisioni perché considerati lesivi dei diritti dei
consumatori vengono pubblicati in rete. Questa visibilità non solo
svilisce, a mio parere, il lavoro degli organi di tutela e di
controllo, ma rischia di generare – come spesso accade – un
meccanismo pericoloso. Quello messo in atto da pubblicitari scaltri e
opportunisti che creano campagne volutamente provocatorie per fare in
modo che, grazie alla censura, aumenti la curiosità attorno ad esse,
trasformandosi in veri e propri casi di dibattito sulla rete.
Censura pubblicitaria, qualche esempio
Spesso può accadere che vedendo le
immagini di spot e campagne censurate si abbia la percezione che esse
non fossero così lesive della sensibilità del pubblico. Spesso la
motivazione di ciò va ricercata nel fatto che ogni individuo ha un
proprio grado di coscienza, che dipende in larga misura dal suo
bagaglio culturale e sociale. Per questo, vorrei fare un piccolo
esperimento insieme a voi: di seguito troverete le immagini di
alcune pubblicità che sono state sottoposte a censura. Mi piacerebbe
sapere cosa ne pensate: voi le avreste tollerate o siete d'accordo
circa la decisione presa?
Letture consigliate
Ecco un link ad una selezione di 30
pubblicità “d'impatto”. Se avete tempo dategli un'occhiata,
alcune di esse sono assolutamente interessanti.
E voi, cosa ne pensate?
Cosa ne pensate della censura
pubblicitaria nel nostro paese? Ci sono casi in cui questa potrebbe
essere superata, o altri in cui sarebbe necessaria? Qual è il media
in cui pensate che essa sia maggiormente necessaria?
Le pubblicità che hai mostrato - non proprio tutte - non sono di buon gusto, al massimo, ma addirittura da censurare no.
RispondiEliminaIo non sopportavo quelle di Benetton, viste tipo 20 anni fa: come i cavalli che fanno sesso o una divisa insanguinata, ecc. che nulla hanno a che vedere col prodotto pubblicizzato.
Vedi Daniele, il punto è proprio questo: la censura pubblicitaria nasce con l'obiettivo di tutelare i consumatori verso forme di comunicazione ritenute lesive o non veritiere. Il fatto è che ogni individuo, a mio avviso, ha un proprio grado di sensibilità e questo rende molto difficile poter uniformare i giudizi.
EliminaPensa che in rete si trovano spot pubblicitari di altri paesi, assolutamente civili e moderni, che in Italia verrebbero ritenuti oltraggiosi. Io credo che per poter superare il problema si dovrebbe redigere un documento contenenete le linee guida (chiare e complete) utili a giudicare una campagna. Ma, forse, ciò non basterebbe!